Riprende il ‘giro’ di interviste di Duesse.it tra i retailer del territorio per toccare con mano il polso della situazione in piena emergenza Covid-19.A rispondere alle nostre domande, Maurizio Andronico, presidente di Bruno, socio Euronics.Perché avete deciso di tenere aperti i pv quando altri retailer hanno fatto scelte diverse?Pur rispettando le decisioni diverse dalle nostre, che possono essere state dettate da situazioni territoriali variegate, voglio precisare che la nostra scelta è stata attentamente ponderata, costantemente riconsiderata ed affinata dal momento che siamo di fronte a una situazione di emergenza molto fluida. Le nostre valutazioni sono state dettate, oltre che dall’analisi dei diversi livelli di emergenza epidemiologica nei territori dove sono ubicati i nostri punti vendita, da tre pilastri.Il primo è stato la sicurezza del personale. Oltre a consultare i nostri collaboratori riguardo a come operare in questo momento d’emergenza, abbiamo agito per assicurare a coloro che lavorano nei nostri negozi il massimo livello di sicurezza possibile. Ciò sia attraverso procedure di sanificazione degli ambienti che provvedendo il più possibile ad adeguate dotazioni di prevenzione ma, soprattutto, virtualizzando il più possibile l’attività fisica del negozio.Il secondo pilastro: noi vendiamo beni di prima necessità, necessari sia ai cittadini che a tutti quegli enti e istituzioni che oggi sono in prima linea in questa durissima lotta al virus. È chiaro, non vendiamo alimenti o medicine, ma oggi senza un pc moltissime persone non potrebbero lavorare e i loro figli studiare, senza un frigorifero si dovrebbe uscire di casa tutti i giorni per non parlare delle continue richieste di router o tablet (o, anche se in misura inferiore, telefoni) da parte della Protezione Civile, delle Onlus Assistenziali oppure delle tante Aziende Sanitarie che ci contattano continuamente. In altri termini abbiamo valutato la responsabilità sociale che abbiamo nei confronti di cittadini ed istituzioni di quei territori nei quali la Bruno è fortemente radicata e ai quali da sempre garantisce servizio, continuando ad assicurare da questo punto di vista anche la consulenza – non necessariamente connessa ad una vendita – sull’utilizzo dei nostri prodotti. In altre parole ci siamo sentiti chiamati a fare la nostra parte! Al riguardo, come può facilmente comprendere chi è avvezzo ad analisi di conto economico, i fatturati realizzati giornalmente non giustificherebbero in nessun modo l’apertura. Abbiamo però valutato – ripeto – non corretto tirarci indietro anche se, ovviamente, abbiamo cercato di gestire orari e modalità di apertura tentando di minimizzare al massimo l’inevitabile impatto economico negativo (è stato questo il terzo pilastro).Come è cambiato il vostro lavoro?Radicalmente. Per quasi tutti i nostri store abbiamo operato la scelta di farne sostanzialmente dei punti di ritiro, demandando il più possibile l’attività di consulenza, vendita ed assistenza a un contatto via videochiamata (telefonica, whatsapp o tramite una app di videochiamata), messenger, social o mail lasciando aperti i negozi in fasce orarie centrali ma contenute. Nello stesso tempo ovviamente abbiamo spinto sull’utilizzo del nostro sito eCommerce. I dati Gfk ci dicono che in queste settimane il peso delle vendite online è enormemente cresciuto ma rimane intorno a una share del 35%, pur in rapida evoluzione: il pv fisico rimane quindi – in questo momento anche per l’immediatezza della consegna – un punto di riferimento tuttora centrale per gli italiani nell’acquisto di prodotti tecnologici ed elettrodomestici. Aggiungo che dai feedback ricevuti dai nostri Store Manager (che ringrazio insieme a tutti i collaboratori per lo splendido spirito di responsabilità ed appartenenza) oltre il 98% dei clienti che vengono in negozio lo fa per una necessità concreta e non in modo irresponsabile.Quale impatto questa emergenza avrà sul business?Le ricadute sono e saranno pesanti, i fatturati, ma soprattutto le rotazioni e i flussi di cassa sono e saranno molto lontani da quelli dei mesi precedenti e questo impatterà anche su un’impresa come la nostra fortemente liquida e con esposizioni debitorie molto basse. A ciò si aggiunge l’incognita temporale, perché oggi non siamo in grado di sapere con esattezza quando la vita delle persone e l’operatività delle imprese tornerà alla normalità e questo ovviamente rende molto complesse sia valutazioni prospettiche che scelte operative. Il vostro personale è in cassa integrazione?Abbiamo chiesto l’accesso alla cassa integrazione perché oggi i negozi sono operativi su orari molto ridotti (tra l’altro sono esclusi il sabato e la domenica) e il giro d’affari è decisamente inadeguato a fare fronte ai costi che l’operatività richiede. In questo contesto la scelta di salvaguardare in ogni modo la liquidità, utilizzando le poche agevolazioni a nostra disposizione, diventa obbligata. Abbiamo però scelto di più che integrare la conseguente riduzione dei salari dei nostri collaboratori che ne deriva, così come di pagare in via prioritaria i piccoli fornitori di servizi, quelli – per intenderci – che vivono principalmente del nostro lavoro. Infine, cosa chiede alle associazioni di categoria e alle istituzioni?In primo luogo, che ci sia la possibilità anche per le imprese del nostro settore di anticipare la cassa integrazione per poi compensarla con i tributi, così da dare tempi veloci e certi ai nostri collaboratori per ricevere il denaro necessario al proprio sostentamento. Secondariamente che il nostro settore possa beneficiare di tutte le agevolazioni – o quanto meno di buona parte di esse – riconosciute ai comparti che sono stati chiusi: è vero che possiamo stare aperti ma lo facciamo in perdita!Vorrei infine approfittare di questa occasione per dire a voce alta che sono (e siamo) orgoglioso dei nostri collaboratori: hanno sempre costituito il nostro primo patrimonio e questo è vero ancora di più oggi. Avrebbero potuto vivere la cassa integrazione – oltretutto più che integrata dalla Azienda – come opportunità per avere garantite entrate stando a casa senza rischio e senza costi aggiuntivi. Invece la risposta alla valutazione che fosse giusto tenere gli store aperti e fare la nostra parte – in condizioni di massima prevenzione, certo, ma in ogni caso con rischi maggiori rispetto all’esser chiusi – è stata praticamente totale. È chiaro lo spirito di appartenenza ma ancora prima il senso di responsabilità nei confronti della cittadinanza e del territorio.Queste evidenze ci fanno sentire forti e ci aiutano a tener duro.